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Il nuovo Piano Sociale Regionale

Pubblicato il 10/05/2017 - Letto 2621 volte
Con Deliberazione n. 156 del 7 marzo 2017, l'Assemblea legislativa umbra ha approvato il nuovo Piano Sociale Regionale. In questo approfondimento, per sommi capi, cercheremo di analizzare gli elementi caratterizzanti della programmazione sociale e socio-sanitaria regionale in favore delle persone con disabilità.

Alcuni dati statistici di persone anziane e persone con disabilità

Il Piano (PSR) si apre con una serie di analisi demografiche e statistiche. Tra quelle più interessanti, per i fini di queste pagine, c'è quella che riguarda l'invecchiamento della popolazione. Questa condizione (che la Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute - ICF - dell'OMS fa rientrare nel concetto di "condizione di salute") deve essere monitorata per via delle probabili conseguenze in termini di riduzione della capacità di compiere attività e di restrizione nella partecipazione sociale.

Leggiamo quindi che, nel solo periodo 2002-2014, le persone anziane sono passate dal 22,8 per cento al 24,1 per cento, sul totale della popolazione. Entrambe le percentuali sono più alte della media nazionale (rispettivamente 18,7 per cento e 21,2 per cento), il che posiziona l'Umbria fra le regioni più anziane d'Italia.

Nel capitolo dedicato alla partecipazione e inclusione sociale delle persone con disabilità, si dà una stima del numero di persone presenti in Umbria. I dati, tratti dagli archivi dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), sono sottostimati, poiché, tra le persone adulte, vengono conteggiate solo coloro che hanno il riconoscimento di "invalidità civile con percentuale pari al 100 per cento": al 2013, erano 8.970 (23 per cento), su un totale nazionale di circa 58 mila persone, con una preponderanza - circa il 66 per cento - di persone ultra-sessantacinquenni (5.893); per i/le minorenni con disabilità, sempre tenendo conto del riconoscimento di indennità economiche, i dati riportano un numero pari a 648 (7 per cento).


Finalità, strategie e obiettivi del PSR

Il PSR, in linea generale, si pone le seguenti finalità:

  • perseguimento del principio di equità: maggiore attenzione ai nuovi bisogni della popolazione, al fine di migliorare l'inclusione e la coesione sociale;
  • affermazione della centralità della persona attraverso la partecipazione attiva della cittadinanza alla definizione di progetti personalizzati;
  • la responsabilizzazione della cittadinanza con servizi e interventi sociali di tipo cooperativo.

Le strategie per raggiungere tali finalità sono:

  • sviluppo di un welfare comunitario: costruzione di relazioni di fiducia, valorizzazione del sapere esperienziale, sviluppo del capitale sociale ed empowerment delle comunità locali;
  • realizzazione di un welfare plurale: rilancio dei processi partecipativi e concertativi di territorio in grado di sviluppare reti e partnership pubbliche e private e su un modello d'integrazione socio-sanitaria efficace e capace di coinvolgere le altre politiche di settore;
  • enfatizzazione dell'aspetto abilitante e capacitante del welfare attivo, dinamico e solidale, in grado di favorire maggiore responsabilità e coinvolgimento dei beneficiari;
  • l'utilizzo delle risorse, degli strumenti e delle opportunità offerte dalla programmazione europea;
  • erogazione di prestazioni di qualità, informazione trasparente e rafforzamento delle alleanze territoriali;
  • valutazione del processo e rendicontazione volte a consentire un uso più coerente delle risorse, favorire azioni coordinate e pieno coinvolgimento degli stakeholder locali.

Per realizzare ciò, tra gli obiettivi che il PSR si pone, troviamo:

  • la promozione dell'innovazione sociale;
  • l'assicurazione di un livello di integrazione socio-sanitaria che riprenda e sviluppi il modello maturato nell'ambito della non autosufficienza, si veda l'esperienza del PRINA (Piano Regionale Integrato per la Non Autosufficienza), estendendolo progressivamente a tutto il sistema socio-sanitario;
  • l'avvio di un processo di definizione e di qualificazione dei livelli essenziali dell'assistenza sociale (LIVEAS), in modo uniforme nel territorio regionali;
  • il modello di governance basato sulle Zone Sociali, preposte alla gestione associata degli interventi e dei servizi sociali;
  • la definizione di una scala di priorità degli interventi, tra cui: a) il sostegno delle persone non autosufficienti e le loro famiglie, intervenendo sia sul versante delle persone con disabilità (giovani, adulte e minori), sia su quello delle persone anziane, al fine di favorirne la permanenza nel proprio domicilio; b) l'attuazione dei princìpi indicati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, promuovendo percorsi che conducano all'autonomia della persona;
  • la revisione e riorganizzazione dei processi di interconnessione tra settori e, nello specifico, tra sociale, lavoro e socio-sanitario, che producano la fattiva messa in rete dei servizi territoriali.

Dai punti sopra elencati, è auspicabile che la funzione di case management del progetto individuale di presa in carico della persona, svolta dall'assistente sociale, favorisca le interconnessioni tra ambiti diversi, individuando le figure professionali da coinvolgere nelle équipe interprofessionali e multidisciplinari.


La consulenza alla pari negli Uffici della Cittadinanza: una possibilità aperta

Nel PSR si legge che gli Uffici della Cittadinanza dovranno sempre più essere orientati a sviluppare reti comunitarie, azioni incisive tese a realizzare la prevenzione dei rischi nelle fasi critiche della vita delle persone.

La riorganizzazione degli Uffici della Cittadinanza dovrà rispondere a una logica sistemica e "bio-psico-sociale", volta a dare centralità al percorso di empowerment delle persone/utenti: il PSR, quindi, ritiene che l'approccio "bio-psico-sociale" possa realizzare il ventaglio di opportunità, di risorse, di servizi e di interventi a disposizione delle persone che, al centro del sistema dell'offerta, possono interagire agilmente con le risorse formali ed informali disponibili al fine di perseguire il proprio empowerment.

Una novità importate prevista dal PSR riguarda l'arricchimento delle figure professionali che ne costituiscono l'organico: oltre alle figure di base (due assistenti sociali, un comunicatore e un educatore), è prevista anche la presenza di sociologi, mediatori culturali, sociali e dei conflitti e di psicologi (per funzioni sociali e di comunità). Sebbene il PSR non si sbilanci troppo, per la prima volta viene ipotizzato, in un prossimo futuro, anche l'affiancamento del consulente alla pari per le persone con disabilità.


I Servizi di Accompagnamento al Lavoro (SAL)

La nuova programmazione dell'Unione Europea dei Fondi Strutturali 2014-2020 [link a sito esterno] finanzierà numerosi interventi di inclusione sociale e socio-lavorativa per le persone vulnerabili e per le persone con disabilità.

Il PSR prevede di mettere in campo adeguate strategie per favorire il funzionamento del collocamento, «[…] a partire dal miglioramento delle capacità di intervento e valutazione frutto di un approccio trasversale ai diversi profili professionali coinvolti, unitamente alla ridefinizione di un assetto organizzativo volto alla promozione dei diritti umani, all'inclusione, alla modificazione dell'ambiente, al contrasto della discriminazione e dell'impoverimento ampiamente intesi».


La qualificazione dei livelli di assistenza

Il PSR prevede la qualificazione dei livelli di assistenza attraverso le seguenti direttrici:

  • L'accesso universalistico-selettivo: garantire a tutti i cittadini e a tutte le cittadine le stesse opportunità di accesso, informazione, orientamento e accompagnamento. Il PSR non esclude interventi che possano essere selettivi per l'accesso e la compartecipazione alla spesa e tarati sul livello di gravità del problema.
  • L'approccio multidimensionale: la condizione di povertà viene considerata all'interno dell'intreccio di diverse dimensioni che possono determinare l'insorgere di processi di esclusione sociale e possono rallentare o impedire quelli di inclusione.
  • I percorsi individualizzati di uscita (progetti personalizzati). Interessante ciò che viene detto: (auspicabile che venga fatto): «lavorare su percorsi individualizzati significa prima di tutto lavorare per progetti considerando i bisogni delle persone e la loro modificazione nel tempo. L'impostazione corretta è strettamente legata al sistema di valutazione del bisogno che permette di comprendere le diverse dimensioni per verificare nel tempo se, e in quale misura, gli interventi e le prestazioni effettuate abbiano consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati. Lavorare per progetti non ha nulla a che fare con un approccio di tipo prestazionale e burocratico, ma ha come unica finalità la promozione del benessere dell'individuo. A fronte di una difficoltà generale […] una buona progettazione deve proporsi di […] destinare le risorse disponibili non a prestazioni, ma a risultati valutabili e misurabili e, infine, di verificare l'azione di ciascun soggetto che interviene nel progetto stesso».
  • Il lavoro di comunità: ricerca di costante efficienza delle politiche pubbliche con strumenti costruiti e impiegati attorno all'idea di far leva sulle risorse della comunità locale, di favorirne la crescita, l'identità, l'autonomia e la responsabilità.


Il tema della compartecipazione alla spesa: l'ISEE

Sul tema della compartecipazione alla spesa e dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), il PSR cita la normativa nazionale: la riforma dell'ISEE (di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159 del 3 dicembre 2013 che ha recepito la Legge n. 214 del 22 dicembre 2011). Su questo argomento, si veda l'articolo che abbiamo pubblicato in queste pagine.

Il PSR prevede che la Regione Umbria dovrà:

  • promuovere l'adozione di criteri regionali omogenei sulla partecipazione alla spesa da parte dei cittadini, determinando criteri per l'esenzione e/o per la compartecipazione alle tariffe da parte delle persone/utenti;
  • accompagnare i Comuni nella applicazione dei previsti nuovi strumenti nazionali di misurazione della condizione socio-economica.


L'integrazione socio-sanitaria

Un aspetto senz'altro cruciale del PSR, ma allo stesso tempo critico, è il modello di integrazione socio-sanitaria proposto. Il PSR riprende e sviluppa l'esperienza maturata nell'ambito della non autosufficienza con il PRINA, area di welfare considerata "autonoma e trasversale" rispetto alla sanità e al sociale.

L'integrazione socio-sanitaria in Umbria è, attualmente, articolata su tre livelli d'intensità:

  • un livello alto rappresentato dall'integrazione di sistema che si realizza nell'area della non autosufficienza;
  • un livello mediano di integrazione nell'area della tutela minorile, strutturato per équipe specialistiche di intervento;
  • un livello basso rappresentato dai servizi e interventi su specifici progetti individuali.

Secondo le intenzioni del PSR, il livello dell'integrazione di sistema - livello alto - è quello su cui dovrebbe puntare la programmazione regionale: il target prevede persone anziane non autosufficienti, persone adulte non autosufficienti, minorenni non autosufficienti e persone con patologie psichiatriche in condizione di non autosufficienza. I servizi coinvolti sono: gli Uffici della Cittadinanza, i Centri di Salute e le Unità Multidisciplinari di Valutazione per la Disabilità (UMVD). Il PSR intende «realizzare un sistema integrato ristrutturando completamente le modalità di accesso, di valutazione e di presa in carico delle persone non autosufficienti, facendo fronte sia ai nuovi bisogni dei cittadini e delle famiglie, sia alle necessità di rivalutazione e di riprogettazione degli interventi già in essere.»

Il livello mediano di integrazione è quello della tutela minorile. Il PSR prevede un potenziamento a causa della mancanza di centri unici per la gestione delle risorse, di sistemi informatizzati condivisi, e di équipe stabili e dedicate per la presa in carico di minorenni e famiglie. Quest'area sarà potenziata grazie agli interventi programmati dei Fondi Strutturali di cui sopra.

Il terzo livello, rappresentato dai servizi e interventi su specifici progetti individuali è quello che, a nostro avviso, presenta più criticità poiché, a giudizio del PSR, sarebbe formato da «azioni che, sebbene di più ampio respiro, hanno una valenza limitata: nel tempo, nella capacità di modificare l'organizzazione e nella possibilità di attivare appieno le risorse dei diversi comparti». Un giudizio che ci lascia un po' perplessi in quanto, a questo livello, tra le altre cose, si gioca la partita dei Progetti per la Vita Indipendente: tra le persone target di questa linea, infatti, troviamo le persone con disabilità (adulte e/o minori) e coloro che li assistono, ma, tra i servizi elencati, non c'è il Centro di Salute, ma solo l'Ufficio della Cittadinanza (si veda quanto detto sopra e la timida apertura - e comunque non per adesso - dell'équipe dell'Ufficio di Cittadinanza alla figura del consulente alla pari).

Altra nota riguarda la figura degli e delle assistenti della persona con disabilità: sono genericamente definiti "care-giver": è interessante notare come la Regione faccia ancora fatica ad introdurre la figura dell'assistente personale (non è un caso che, quando nel PSR menziona le "nuove" figure che lavorano nel sociale, parli dell'«assistente familiare», ma non dell'«assistente personale»).


Politiche per le famiglie con responsabilità educative e di cura

Tra le dimensioni operative che il PSR dedica incentivare politiche per le famiglie, con specifica responsabilità educativa e di cura, tre sono i punti che ci interessano:

  • «[…] l'erogazione di buoni servizio per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l'accesso alla rete dei servizi socio-educativi e a ciclo diurno con incremento di qualità dei medesimi in termini di prestazioni erogate e di integrazione della filiera»;
  • «[…] servizi a struttura comunitaria: vacanze per persone disabili, aiuti amministrativi, centri di accoglienza diurni per disabili, centri all'aperto per giovani, ecc.»;
  • «[…] servizi rivolti alle persone anziane e alle loro famiglie: trasporto, accompagnamento, cura e manutenzione della casa, case accoglienza diurne, spesa a domicilio, ecc.»;

Dalla lettura dei punti sopra riportati (specialmente del secondo), si può evincere che nel PSR ci sia una importate e apprezzabile volontà alla progettazione globale incentrata sugli obiettivi di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie, resa tuttavia in parte vana dalla presenza sporadica di logiche prestazionali con interventi scoordinati da una salda logica di sistema: ancora una volta, da queste pagine, dobbiamo chiederci il senso delle "vacanze per persone disabili" (di cui al punto due), scollegate da un contesto più ampio, dove la vacanza (se è tale) sia inserita all'interno di obiettivi di vita della persona (andare in vacanza) e non come una delle tante prestazioni a carattere socio-riabilitativo del centro diurno.


Partecipazione e inclusione sociale delle persone con disabilità

A sostegno di quanto detto subito sopra, un ulteriore esempio dello scrollamento esistente tra prospettiva complessiva del PSR e programmazione delle azioni specifiche lo si può evincere nella sezione dedicata alle politiche regionali per l'inclusione sociale delle persone con disabilità.

Il PSR precisa che esse «devono prevedere un modello organizzativo intersettoriale e una offerta di servizi diversificata, ancorata ai luoghi e ai tempi di vita, aperta a tutta la comunità locale a partire dai quattro pilastri fondamentali della salute, della formazione, del lavoro e della cittadinanza attiva».

«In tale ottica - si legge poi - nei percorsi valutativi e progettuali per la disabilità e la non autosufficienza diviene fondamentale tener conto delle potenzialità personali, della possibilità di "essere" ciò che una persona desidera, delle sue vulnerabilità, dei rischi di cadere a un livello inferiore di benessere e delle opportunità offerte dall'ambiente in cui la persona vive. Nel sistema organizzativo umbro, già fortemente orientato in tal senso, andranno ulteriormente rafforzati gli elementi portanti del sistema, che, nello specifico, attengono all'accesso, alla valutazione ed alla presa in carico attraverso l'elaborazione di progetti di vita (cd. progetto personalizzato e globale)».

Giustamente, inoltre, il PSR sostiene che «la presa in carico complessiva della persona costituisce l'elemento fondamentale per la definizione e la realizzazione di efficaci progetti d'intervento, comporta azioni d'informazione, orientamento, valutazione, raccordo con le risorse solidaristiche del territorio, una progettazione condivisa, un accompagnamento e un sostegno della persona e della famiglia per tutto il tempo necessario a raggiungere un sufficiente livello di autonomia e di inclusione sociale».

Nel momento di articolare le azioni prioritarie della programmazione regionale, tuttavia, il PSR è più interessato a riqualificare i servizi e gli interventi consolidati, che a innovare progetti sperimentali. Infatti nel lungo elenco leggiamo:

  • «l'avvio di percorsi miranti alle certificazioni di competenze acquisite anche non formali;
  • il sostegno e la valorizzazione delle produzioni etiche e sociali;
  • la riorganizzazione dei servizi e delle risorse del territorio a favore dello sviluppo delle reti di cura per sostenere la domiciliarità (es.: self-help, lavanderia e pulizia, cucina, disbrigo pratiche, domotica, teleassistenza e telemedicina, ecc. …);
  • la riconversione della domiciliarità verso percorsi laboratoriali abilitativo-cognitivi;
  • il potenziamento dei progetti di autonomia e d'inserimento lavorativo, anche attraverso la sperimentazione di percorsi di continuità terminato l'iter formativo (promozione di tirocini extracurriculari scuola-lavoro e curriculari);
  • il potenziamento degli interventi volti all'empowerment delle competenze delle persone, con particolare attenzione ai Servizi di Accompagnamento al Lavoro (SAL) finalizzati all'inclusione socio-lavorativa delle persone con disabilità e delle persone a forte rischio di esclusione sociale o di marginalità sociale, attraverso il rafforzamento dei rapporti tra le Zone sociali, le istituzioni ed il mondo del lavoro;
  • la costruzione di progetti individualizzati per prestazioni sociali, formative e di incentivazione all'autoimpresa occupazionale, alle work-experience, ecc…;
  • la sperimentazione di forme più leggere di "semiresidenzialità di prossimità", sia per i minori che per gli adulti con disabilità, soprattutto per quelle situazioni dove è più marcato il disagio sociale e familiare;
  • il mantenimento della rete dei centri diurni (almeno uno per ogni Zona sociale) per giovani affetti da autismo che hanno terminato il percorso scolastico, come momento transitorio verso la vita autonoma o comunitaria (Nuovo PRINA);
  • nei servizi del "Dopo di noi" si ipotizza l'avvio di percorsi sperimentali di ricoveri di sollievo nei fine settimana o per due mesi l'anno, oppure di percorsi di risposta alle fasi di emergenza per le famiglie che hanno al loro interno una persona con disabilità;
  • l'avvio di progetti volti a promuovere la vita indipendente e a sperimentare modelli di finanziamento dedicati a promuovere percorsi di "vita Indipendente";
  • l'implementazione di un portale web dedicato alla comunicazione;
  • la sperimentazione di percorsi di formazione e di accompagnamento volti a promuovere l'auto imprenditorialità.»

Questo lungo elenco menziona, senza operare distinzioni, attività già in essere e quelle a carattere sperimentali. Per le attività consolidate, innanzitutto, non si fa alcun riferimento a valutazioni, condotte nel corso degli anni, dell'impatto sulla qualità di vita delle persone con disabilità, per cui non sappiamo se la riproposizione di tali attività avvenga per una sorta di routine di servizio, o a seguito di studi sul loro impatto positivo per le persone con disabilità.

Per le attività sperimentali, invece, sono un po' deboli le indicazioni "programmatiche": passino le attività per il "Dopo di Noi" e la "Vita Indipendente" per le quali sono in fase di elaborazione delle linee guida ad hoc; ma ci chiediamo in cosa consistano i "percorsi laboratoriali abilitativo-cognitivi", cosa comunichi - e a chi - il "portale web dedicato alla comunicazione", o cosa preveda la "semi-residenzialità di prossimità".


La programmazione integrata per le persone non autosufficienti

Gli obiettivi del nuovo PRINA, definiti in continuità con la programmazione precedente, sono:

  • l'avvio di una «nuova fase di programmazione territoriale»;
  • un maggior sostegno alle famiglie nel lavoro di cura verso i propri componenti «attraverso l'erogazione di un sostegno economico denominato "assegno di sollievo"»;
  • la conferma della rete integrata degli Uffici della Cittadinanza e dei Centri di Salute, «quali "porte territoriali" per facilitare l'accesso del cittadino al sistema»;
  • la «presa in carico della persona non autosufficiente attraverso la formulazione, sulla base di una valutazione unitaria dei bisogni, di un progetto individuale finalizzato alla sua piena inclusione nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché della scuola e del mondo del lavoro, in coerenza con la normativa in vigore. Tutto ciò avviene tramite: 1. la conferma del modello di accesso alla rete dei servizi fino ad oggi sperimentato nel territorio regionale; 2. la conferma del ruolo dell'UVM (Unità di Valutazione Multidisciplinare); 3. il pieno utilizzo degli strumenti di valutazione già in essere: VAOR per l'area anziani e SVAMDI per l'area disabilità e delle scale HONOS, BPRS o FPS per la psichiatria, la cui mancata informatizzazione rappresenta una criticità»;
  • «la predisposizione del Programma Assistenziale Personalizzato (PAP) sulla base del progetto globale, integrando la valutazione con una ponderazione di tutte le risorse che possono essere messe a disposizione, sulla base del principio dell'accomodamento ragionevole»;
  • la continuità assistenziale, «intesa come sistema integrato di accompagnamento della persona non autosufficiente nelle diverse fasi del bisogno e rete integrata di servizi non più centrata sulla prestazione»;
  • una revisione dei «percorsi assistenziali, residenziali e semiresidenziali al fine di indirizzare maggiori risorse al sostegno alla domiciliarità, attraverso una strutturazione diversa del semiresidenziale e prevedendo anche una riconversione dei posti residenziali in semiresidenziali ed in ricoveri di sollievo»;
  • la «presenza in ciascuna Zona/Distretto di centri diurni per minori con disabilità, per minori affetti da autismo e per anziani affetti da Alzheimer»;
  • un maggior sostegno alle famiglie nel lavoro di cura verso «attraverso la qualificazione dell'assistenza domiciliare tutelare e l'accompagnamento nella ricerca di personale qualificato per l'assistenza a domicilio»;
  • un «maggior supporto, con percorsi definiti nel PAP e nel Patto di Cura, alla rete familiare attraverso i ricoveri di sollievo per tutte le forme di non autosufficienza, al fine di favorire la permanenza dell'utente all'interno della propria abitazione»;
  • un consolidamento del modello organizzativo del percorso di accesso ai benefici;
  • il rafforzamento delle azioni e degli interventi che garantiscono il pieno rispetto dei diritti sanciti dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) al fine di tutelare la salute delle persone non autosufficienti;
  • il monitoraggio annuale dell'attuazione del PRINA «attraverso un percorso partecipato con i distretti e le zone sociali, con particolare riferimento agli esiti di carattere sociale e di salute e all'impatto in termini di sostenibilità economico-finanziaria delle differenti tipologie di intervento».

Sulle perplessità del movimento associativo territoriale relative all'"assegno di sollievo" (la cui finalità dovrebbe essere quella di sostenere le famiglie che si occupano dell'assistenza di familiari con disabilità non autosufficienti direttamente o mediante assistenti familiari), si è già dato conto in questo articolo.

A livello operativo, nel PSR si legge che la maggior parte delle risorse vincolate al potenziamento dei servizi e degli interventi di welfare domiciliare e di supporto familiare finalizzati alla autonomia della persona con disabilità non autosufficiente, al mantenimento della stessa presso il proprio domicilio ed al sostegno alle famiglie (o ai care-giver) nel lavoro di cura, sono trasferite alle dodici Zone Sociali.

Una quota delle suddette risorse vincolate all'avvio sul territorio regionale di due azioni sperimentali.

La prima riguarda la "Vita indipendente" per le persone con disabilità. Secondo il PSR le ipotesi di progetto personalizzato devono essere presentate dalla persona con disabilità - certificata, ai sensi della Legge 104/92, in stato di "handicap in situazione di gravità" (articolo 3, comma 3) - presso l'Ufficio di Cittadinanza competente per residenza. «La UVM, nella sua composizione ordinaria, integrata da specialisti, di volta in volta individuati considerate le peculiarità del progetto presentato, accerta che siano presenti le condizioni atte a sostanziare un progetto di vita indipendente. Una volta definite le istanze accoglibili viene effettuata una ponderazione degli interventi socio-sanitari già in atto, i quali, laddove ritenuti coerenti con il progetto presentato, possono essere ricompresi nel nuovo contesto recuperandone le risorse. La sottoscrizione del Patto per la salute ed il benessere è lo strumento che assicura la piena applicazione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP) di "vita indipendente"».

Rispetto a questa prima azione sperimentale, il PSR anticipa in parte quanto scaturirà dalle linee guida in materia, in corso di elaborazione da parte della Regione stessa. Nell'iter delineato, si ravvisa ancora una procedura troppo legata alla Legge regionale sulla Non Autosufficienza e poco con gli esiti e le considerazioni che sono state elaborate a seguito della sperimentazione del primo bando ministeriale sulla Vita Indipendente a Terni (di cui si è detto qui).

La seconda azione riguarda il supporto alla permanenza nel proprio domicilio delle persone anziane non autosufficienti. Obiettivo principale di tale azione è migliorare la qualità della vita della persone anziane non autosufficienti, individuando e valutando precocemente le persone "fragili" (gli anziani ultra sessanta-cinquenni o le persone infra sessanta-cinquenni con caratteristiche assimilabili) che accedono alla rete dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari e favorendone la permanenza presso il proprio domicilio. Il PSR prevede un percorso di "continuità assistenziale" anche per le persone ricoverate presso strutture ospedaliere, utilizzando le risorse della rete formale ed informale, sociale e socio-sanitaria, al fine di sperimentare modelli assistenziali alternativi all'inserimento in strutture residenziali. Ciò verrà garantito con un supporto economico erogato alla persona anziana non autosufficiente ed alla sua famiglia, previa sottoscrizione del Patto per la cura ed il Benessere.

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