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La nuova classificazione delle strutture residenziali e diurne dell'Umbria

Pubblicato il 6/02/2016 - Letto 4756 volte
La Regione Umbria pubblica la nuova classificazione delle strutture residenziali e semi-residenziali regionali sulla base delle caratteristiche tecnico-organizzative e dell'intensità assistenziale, al fine di includere questo nuovo elenco all'interno della programmazione del nuovo Piano Sanitario Regionale. In Umbria sono presenti 66 strutture residenziali e semi-residenziali, il cui funzionamento però risulta disomogeneo sia in termini di distribuzione territoriale, sia in termini di prestazioni offerta.

Sul Supplemento Ordinario n. 2 del Bollettino Ufficiale della Regione Umbria del 3 marzo 2016 è stata pubblicata la Delibera della Giunta Regionale n. 1622 del 29 dicembre 2015, atto che riguarda la classificazione delle strutture extra-ospedaliere residenziali e semi-residenziali per le persone con disabilità.

La DGR n. 1622/2015 classifica le strutture che offrono assistenza residenziale e semi-residenziale sulla base delle caratteristiche tecnico-organizzative e dell'intensità assistenziale, al fine di includere questo nuovo elenco all'interno della programmazione del nuovo Piano Sanitario Regionale.

Nella Delibera n. 1622, tuttavia, la Giunta Regionale non definisce le rette di ogni tipologia di struttura classificata e si riserva, senza indicare un termine, di emanare un successivo atto a seguito di una valutazione specifica delle Unità Multidisciplinari di Valutazione Disabili (UMVD) per le persone con disabilità, sia adulte che in età evolutiva, sulla base dei bisogni rilevati che tengano conto della complessità degli interventi richiesti, dell'età della persona, dell'efficacia dell'attività di riabilitazione e dei livelli di intensità dell'intervento.

Nel documento istruttorio - parte integrante della Delibera n. 1622 - si legge: «le funzioni riabilitative e socio-sanitarie devono garantire tutti i criteri esplicitati nella Clinical Governance [l'organizzazione dell'attività di una struttura sanitaria, finalizzati alla responsabilizzazione ed alla partecipazione, nelle scelte strategiche e di gestione, di tutti i soggetti coinvolti nell'erogazione dei servizi sanitari, N.d.R.] quali ad esempio: equità di accesso alle prestazioni, appropriatezza clinica, continuità assistenziale, efficienza/efficacia degli interventi, partecipazione dell'utenza al percorso».

La Delibera n. 1622, inoltre, ha l'obiettivo di superare e razionalizzare i criteri che erano stati individuati dalla DGR n. 21 del 12 gennaio 2005 rendendoli più coerenti con la domanda attuale: da un'indagine conoscitiva del 2013, infatti, è emerso che in Umbria sono presenti 66 strutture residenziali e semi-residenziali (38 insistono nella USL Umbria n. 1 e 28 nella USL Umbria n. 2), il cui funzionamento però risulta disomogeneo sia in termini di distribuzione territoriale, sia in termini di prestazioni offerte.

La Delibera n. 1622, pertanto, è l'esito del gruppo di lavoro costituito, ormai da qualche anno, dalla Direzione regionale "Salute e coesione sociale", al fine di adeguare la programmazione regionale e i livelli assistenziali in materia di residenzialità e semi-residenzialità alla normativa nazionale (con particolare riferimento al documento ministeriale denominato "Mattone 12 - Assistenza residenziale e semi-residenziale" [link a sito esterno] che rientra nel progetto "Mattoni SSN" [link a sito esterno], approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 10 Dicembre 2003, che ha l'obiettivo di definire e creare un linguaggio comune per garantire la confrontabilità delle informazioni condivise nel Sistema Informativo Sanitario).

L'allegato alla Delibera n. 1622 costituisce la classificazione vera e propria. Ogni struttura è definita da una sigla «RD» cui corrispondono uno o più numeri. Le RD sono divise in quattro categorie:

1. Strutture RD1.
Sono quelle destinate a persone con condizioni cliniche molto gravi, o che hanno superato la fase di riabilitazione intensiva ospedaliera, ma che non possono tornare a casa; sono distinte in due tipologie:

  • RD1.1: strutture di riabilitazione estensiva extra-ospedaliera.
  • RD1.2: strutture per persone a responsabilità minimale.

2. Strutture RD2.
Sono divise in quattro tipologie sulla base dell'alta, media o bassa intensità assistenziale che viene offerta.

  • RD2.1: sono strutture che «erogano prestazioni assistenziali residenziali, ad elevata intensità sanitaria con terapie riabilitative comprensive di riabilitazione psico-educativa e socio-relazionale, erogate in nuclei specializzati a persone non autosufficienti in età evolutiva affette da minorazioni plurisensoriali e/o con disabilità complessa».
    Rientrano in questa categoria anche le strutture che erogano le stesse prestazioni, alle persone della stessa fascia di età, ma in modalità semi-residenziale.
  • RD2.2: sono strutture che «erogano prestazioni assistenziali residenziali, ad elevata intensità sanitaria con terapie riabilitative comprensive di riabilitazione psico-educativa e socio-relazionale, erogate in nuclei specializzati a persone non autosufficienti giovani adulti (età 18-30 anni) affette da minorazioni plurisensoriali e/o con disabilità complessa».
    Rientrano in questa categoria anche le strutture che erogano le stesse prestazioni, alle persone della stessa fascia di età, ma in modalità semi-residenziale.
  • RD2.3: sono strutture che «erogano prestazioni assistenziali residenziali [a] medio-bassa intensità sanitaria con terapie riabilitative comprensive di riabilitazione psico-educativa e socio-relazionale, erogate in nuclei specializzati a persone non autosufficienti in età evolutiva affette da minorazioni plurisensoriali».
  • RD2.4: sono strutture che «erogano prestazioni assistenziali residenziali a bassa intensità sanitaria con terapie riabilitative prevalentemente psico-educativa e socio-relazionale, erogate in nuclei specializzate a persone non autosufficienti in età adulta (sino a 45 anni di età) affette da minorazioni plurisensoriali e/o con disabilità complessa e/o ridotto potenziale riabilitativo».

3. Le strutture RD3.
Sono rappresentate dai Centri Socio-Riabilitativi ed educativi residenziali o semi-residenziali per persone adulte o per minorenni.

  • RD3.1: «Centro Socio-Riabilitativo ed educativo Residenziale per disabili minori». Rientra in questa categoria anche il «Centro Socio-Riabilitativo ed educativo Residenziale per disabili adulti».
  • RD3.2: «Centro Socio-Riabilitativo ed educativo Semiresidenziale diurno per disabili minori». Rientra in questa categoria anche il «Centro Socio-Riabilitativo ed educativo Semiresidenziale diurno per disabili adulti».
  • RD3.3: «Comunità alloggio per persone disabili gravi».

4. Le strutture RD4.
Riguardano quello che da anni le associazioni che tutelano e promuovono i diritti delle persone con disabilità richiedono: il Dopo di Noi.

  • RD4: «Famiglie comunità per il "Dopo di noi"».

Tralasciando in questa sede un commento puntuale del documento, si possono fare però alcune considerazioni.

La prima e più importante riguarda l'evidente disomogenea e contraddittoria stratificazione culturale e concettuale che ancora è fortemente radicata nei documenti che affrontano la tematica dell'assistenza residenziale e semi-residenziale rispetto alle più moderne concezioni della disabilità.

Sorvolando la persistenza qua e là del termine «handicap» (si veda, ad esempio, la tabella della RD4 sul Dopo di Noi dell'allegato alla Delibera n. 1622 a pagina 38) che resiste indomito nonostante le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e delle Nazioni Unite, si avverte, in tutto il documento, un'attenzione quasi totale al funzionamento delle strutture residenziali e semi-residenziali che sembrano già organizzati sulla base di "pacchetti di prestazioni", piuttosto che su moduli personalizzati in base alle esigenze di ciascuna persona, per la quale potrebbero essere più utili alcune attività che non altre.

La classificazione cita il "Mattone 12" sopra richiamato, il quale definisce le prestazioni residenziali e semi-residenziali come «il complesso integrato di prestazioni socio-sanitarie erogate a persone non autosufficienti non assistibili a domicilio all'interno di nuclei accreditati per la specifica funzione». A questa definizione segue il corollario che «la prestazione non è quindi un singolo atto assistenziale, ma il complesso dell'assistenza erogata» e che si «caratterizza di norma come prestazione di assistenza a lungo termine a persone non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche».

Ancora una volta sembra delinearsi un approccio clinico e categoriale sull'attivazione della «prestazione residenziale o semi-residenziale», teso a favorire più «il complesso dell'assistenza erogata» e non i livelli di salute e di appropriatezza dell'intervento rispetto alle necessità, bisogni o obiettivi di salute della persona con disabilità. Anche il linguaggio adoperato, infatti, denuncia ancora il permanere di una visione molto legata ad un modello medico fatto di "pazienti" con problemi, anziché di persone con diritti.

Eppure tutto ciò sembra un po' in contraddizione con il senso del documento istruttorio della Delibera n. 1622, che si apre con un'attenta riflessione circa gli obiettivi prioritari della programmazione socio-sanitaria umbra che «consentono continuità della presa in carico delle persone disabili».

È anche vero che, poco più sotto, il testo continua affermando che: «tali soggetti necessitano di una pluralità di interventi che vanno ricondotti all'interno di un progetto personalizzato che prevede varie tipologie di prestazioni che possono essere erogate in regime [di] residenzialità, semiresidenzialità, ambulatoriale o domiciliare». Anche in questo caso, si dà più importanza alle forme di erogazione delle prestazioni che non all'appropriatezza delle stesse rispetto al Progetto Individuale della persona con disabilità, strumento che, al di là di un suo accenno, non viene mai nominato in modo compiuto.

Non devono trarre in inganno, infatti, i «progetti individualizzati» presenti per ogni tipologia di struttura: essi, infatti, sono di volta in volta "riabilitativi" o "assistenziali": ossia, il piano (o progetto) viene redatto per rispondere a specifiche questioni che sono quelle (e solo quelle) alle quali può rispondere la struttura esaminata.

Da ultimo, alcune osservazioni sulla RD4 riservata al "Dopo di Noi". Il documento non si dilunga molto nel descrivere l'attività che è chiamata a svolgere questa importate struttura, limitandosi a specificare che si tratta di «strutture che erogano prestazioni di assistenza residenziale tutelare, erogate in nuclei dedicati a persone disabili adulte da 18 a 55 anni di età non autosufficienti privi del sostegno familiare per l'aiuto nello svolgimento di attività di assistenza nella vita quotidiana».

Le persone (massimo 8) sono diventate "pazienti" a tutti gli effetti che dovranno poi ospitare anche 2 posti riservati a persone con situazioni particolarmente urgenti. Non solo, ma dopo i 55 anni di età, le persone diventano automaticamente "anziane", ossia i loro bisogni sono valutati dall'Unità di Valutazione Geriatrica e non più da quella delle persone adulte.

La competenza autorizzativa spetta al Comune, previa acquisizione dell'assenso alla realizzazione, valutato rispetto alla compatibilità con la programmazione socio-sanitaria regionale.

In ogni caso, il tema del "Dopo di Noi" è un tema controverso, e trovare una formula che accontenti le diverse istanze non è facile (si vedano le reazioni [link a sito esterno] alla recentissima approvazione alla Camera dei Deputati del Disegno di Legge sul Dopo di Noi).

A Terni, in ogni caso, il 10 febbraio, alle ore 15.30, ci sarà un incontro tra la rete associativa ternana e i vertici dell'Azienda Sanitaria Locale per definire le modalità di partecipazione delle famiglie - principio fondamentale che, seppur ribadito anche nella Delibera n. 1622, di fatto risulta non applicato - alla gestione delle attività sperimentali de "La Farfalla", ormai operativa a pieno regime.

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