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Quando il programma scolastico viene deciso da specialisti privati

Pubblicato il 29/06/2010 - Letto 1509 volte
Buongiorno, sono un docente di sostegno di un alunno cerebroleso. La famiglia vuole a tutti i costi che il proprio figlio a scuola segua un programma di lavoro (prescritto da una fisioterapista e da un pedagogista) che è in netta contraddizione con il servizio di NPI che ha in carico l'alunno e che non tiene conto delle indicazioni della scuola, delle risposte al lavoro prescritto, né tanto meno dei progressi effettuati dal bambino con altre metodologie di lavoro. La scuola è costretta ad assoggettarsi alle prescrizioni che arrivano dai due specialisti privati? C'è una normativa di riferimento o un modo per legittimare e salvaguardare il ruolo della scuola? Certo di un cortese riscontro, saluto cordialmente.

Suggerimenti

Gentile Utente,
in merito alla Sua richiesta di Advocacy, La informiamo che il programma scolastico deve essere indirizzato sulla base del Piano Educativo Individualizzato (PEI) che deve essere redatto nelle forme previste dalla legge. Viene redatto, entro il secondo mese dell'anno scolastico, dal gruppo di lavoro formato da tutti gli insegnanti del Consiglio di Classe, dagli insegnanti di sostegno, dai genitori dell'alunno in collaborazione con l'Unita Multiprofessionale del Servizio di Neuropsichiatria Infantile e dell'Età Evolutiva. È calibrato sulle risultanze della diagnosi funzionale, ma può essere modificato durante l'anno scolastico, a seguito di verifiche. Il PEI deve contenere: finalità e obiettivi didattici programmati, itinerari di lavoro, tecnologie, modalità di coinvolgimento della famiglia ed interventi di carattere riabilitativo e sociale.

Qualora la famiglia ritenga che il PEI non contenga una programmazione didattica che tenga conto delle necessità del proprio figlio, può farlo presente e può proporre indicazioni puntuali per migliorarne la redazione.

Dal momento che - a quanto Lei scrive - il programma di lavoro, oltre ad essere "prescritto" da un ente privato, è in netto contrasto con le indicazioni di specialisti (NPI) e con quelle degli insegnanti, la situazione si configura in modo un po' più complesso. La scuola pubblica, infatti, utilizza lo strumento del PEI come previsto dalla Legge n. 104/1992 che prevede il coinvolgimento degli specialisti pubblici della ASL. Il coinvolgimento di specialisti privati (in questo caso, poi, è necessario valutare a che titolo operano, se privati "puri" o privati in convenzione con la ASL) non è vietato dalla legge, purché si inquadri all'interno di un percorso più complessivo che non veda coinvolti solo il pedagogista e il fisioterapista, ma anche la scuola e i servizi, che dovranno poi erogare risorse per realizzare gli interventi per l'inclusione dell'alunno.

In questo caso, il problema ha diverse sfaccettature. In primo luogo, c'è un livello di competenze amministrative e di legittimità: l'inclusione scolastica nella scuola pubblica prevede la formulazione di strumenti (Diagnosi funzionali, PEI, ecc.) disciplinati da leggi nazionali e da linee guida che prevedono il coinvolgimento di specialisti pubblici (o convenzionati) facenti capo alle ASL.

In secondo luogo, fermo restando che ogni genitore è libero di individuare forme di educazione più confacenti per i propri figli, all'interno di un sistema di istruzione pubblico, devono valere alcune regole che non possono essere disattese. In questo caso, la famiglia potrebbe solo dimostrare l'inefficacia e l'inappropriatezza del PEI così come formulato dalla scuola e dalla ASL ed, eventualmente, fare ricorso al TAR. In questo caso il giudice dovrebbe dimostrare che il PEI non ha raggiunto lo scopo prefissato e potrebbe richiedere alla scuola un maggiore impiego di risorse. Attenzione: questo non significa che il metodo individuato dai genitori sia, di per sé, valido.

In terzo luogo, c'è una grave carenza metodologica: manca completamente la comunicazione tra gli specialisti privati, la ASL e la scuola. La responsabilità di questo può essere equamente distribuita tra le parti, poiché in gioco c'è la formulazione di un progetto individualizzato che rappresenta la base del progetto di vita dell'alunno. Dovrebbe essere interesse - e dovere - delle parti, quindi, cercare un accordo, anziché la mera rivendicazione della bontà/fallacia di un metodo, tenuto conto, poi, del fatto che, da quello che scrive, è desumibile che la situazione psicologica della famiglia la porti a diffidare dei servizi pubblici in generale.

In conclusione, il consiglio che Le diamo è quello di mediare - per quanto Le sia possibile - tra la famiglia e la ASL, al fine di non demonizzare completamente il parere degli specialisti, ottenendo in cambio la completa chiusura da parte dei genitori, ma di far capire ad essi che, all'interno di un'istruzione pubblica, valgono certe regole, che non possono fatte venir meno, di fronte alle richieste di privati, che non possono vincolare la formulazione del PEI.


Per ogni altra informazione, può contattarci telefonicamente al numero 0744 27.46.59.

Nella speranza di aver fornito una risposta chiara ed esaustiva, inviamo cordiali saluti,
Anna Vecchiarini e Pierangelo Cenci
(Servizio di Advocacy del Centro per l'Autonomia Umbro)

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