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La mia azienda mi ha discriminato con un contratto a me sfavorevole. Che fare?

Pubblicato il 20/10/2009 - Letto 1554 volte
Sono diventato un ex dipendente di una Grossa Società Multinazionale ed essendo in uno stato fisico particolare, 80% di invalidità civile e riconoscimento dello stato di Handicap, sono stato invitato dall'azienda, dopo il riconoscimento dell'inabilità all'esercizio della mansione da parte del Medico di Fabbrica, a partecipare alla Mobilità Volontaria sennò (a detta del Responsabile ) a chiusura di detta Mobilità, all'azienda non sarebbe rimasto altro che licenziarmi per impossibilità di collocarmi ad altra mansione. Impossibilitato a tener testa all'azienda per il problema fisico e lo stress, ho accettato le condizioni della messa in Mobilità che tra le righe dell'accordo enuncia: «[...] dichiara di ritenersi tacitato di ogni sua pretesa o diritto, rinunciando altresì ad eventuali impugnazioni a qualsiasi titolo [...], ragione o causa che abbiano in oggetto il pregresso lavoro con [...], così che il rapporto di lavoro resta definitivamente estinto alla data del 31 maggio 2009; in particolare, tale rinuncia concerne relativo alla risoluzione del rapporto di lavoro e la natura giuridica del rapporto di lavoro, trattamento di fine rapporto, [...], risarcimenti quale ne sia il titolo o la ragione ivi compreso quello del danno biologico, ogni e qualsiasi trattamento economico [...], e comunque null'altro volendo escludere anche se qui non espressamente richiamato». [...] «Con la sottoscrizione [...] le parti si danno reciprocamente atto dell'estinzione totale di ogni materia del contendere in ordine a tutto il rapporto di lavoro tra loro intercorso ed alla risoluzione, consapevoli degli effetti estintivi propri della conciliazione in sede sindacale ai sensi della legge 11/08/1973 n. 533». Dopo la firma sono venuto a conoscenza di un migliore trattamento economico perpetuato ad altra persona, che aveva lo stesso livello lavorativo e anzianità lavorativa, questo lo ritengo discriminatorio per il mio stato di Handicap di cui la Società era ed è a conoscenza. Ora mi viene detto che non c'è possibilità di contestazione in quanto ho accettato la rinuncia all'impugnazione che è prevista (solo per la mia persona). Inoltre della discriminazione ne sono venuto a conoscenza solo dopo la firma dell'Accordo ed esso ritengo che debba essere fatto rispettando tutte le norme e Leggi Vigenti. Per mia cultura personale ho trovato delle indicazioni all'art. 4 e 5 della legge n. 533 , richiamata anche nell'accordo, che penso dia indicazioni sull'impugnabilità dell'accordo, e di cui vi chiedo la fattibilità . Ma La cosa che ritengo dia più valore all'impugnazione è la Discriminazione in base alla Dl del 9 luglio 2003 n. 216 art 1 e art 2 comma 1°, comma 3 , art 3 comma b . In quanto come potete capire si è usato un sottile ricatto per l'accettazione alla mobilità . Vi chiedo se posso impugnare il lodo tutto o in parte secondo La vostra conoscenza ed esperienza e se sareste disposti ad affiancarmi come Associazione nell'impugnativa. Della Discriminazione ne sono venuto a conoscenza Ufficialmente dopo la firma dell'accordo, da documento ufficiale di altra persona in mio possesso in fotocopia. Siccome la trasgressione è susseguente alla firma e la Legge va rispettata soprattutto verso le Fasce deboli, il lodo è impugnabile anche per i tempi di messa a conoscenza della trasgressione. Buon lavoro e grazie dell'attenzione.

Suggerimenti

Gentile Utente,
la Sua richiesta di Advocacy è stata esaminata dal nostro legale. Il ruolo che ci attribuisce la legge è di consulenza legale, ossia fornire indicazioni da presentare ad un avvocato, ad un patronato o ad altro ente di patrocinio legale che abbia facoltà per prendere in carico il cliente.

Dobbiamo innanzitutto confermarLe che la sottoscrizione delle clausole citate nell'accordo, con cui Lei rinuncia ad esercitare una serie di diritti, anche di impugnazione, sono impegnative e vincolanti.

Peraltro, non è possibile ricorrere ad un giudice, motivando l'ingiustizia di un accordo transattivo con il datore di lavoro, sulla base del fatto che, successivamente, si è venuti a conoscenza di una situazione analoga, trattata dall'azienda, con contenuti più favorevoli. Bisognerebbe, infatti, dimostrare l'identità delle due situazioni giuridiche soggettive.

Ma di questo, purtroppo, non abbiamo gli elementi. È un punto che potrà dipanare meglio con il Suo avvocato, fornendo maggiori dettagli.

Altra ipotesi potrebbe essere quella di rivolgersi al giudice per tentare, invece, di dimostrare che l'accordo sottoscritto che La riguarda personalmente è per se stesso ingiusto: prova anche questa ardua, visto che, a suo tempo, Lei lo ha accettato. In questo caso l'avvocato dovrebbe dimostrare (se è possibile) la sussistenza di pressioni psicologiche e Suo sfavore.
 
Le norme che cita, sembrano pertinenti alla Sua situazione:

  • Legge n. 533 dell'11 agosto 1973: riguarda la disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie. In pratica, questa legge sostituisce il titolo del codice di procedura civile che riguarda il procedimento che si deve seguire per le controversie in materia di lavoro.
  • Decreto Legislativo n. 216 del 9 luglio 2003: è attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Definisce il concetto di discriminazione, che vale anche per i rapporti di lavoro, ribadendo che per trovarsi di fronte ad una discriminazione, ci si deve trovare di fronte a situazioni «analoghe». Così, ritorna il problema cui si  accennava sopra: la prova dell'analogia con l'altra situazione che sarebbe stata trattata in modo più favorevole rispetto alla propria. 


Per ogni altra informazione, può contattarci telefonicamente al numero 0744 27.46.59.

Nella speranza di aver fornito una risposta chiara ed esaustiva, inviamo cordiali saluti,
Anna Vecchiarini e Pierangelo Cenci
(Servizio di Advocacy del Centro per l'Autonomia Umbro)

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