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Il Ministro e la disabilità

Pubblicato il 7/06/2010 - Letto 4316 volte
Lo scorso 26 maggio, durante la Conferenza Stampa di presentazione della manovra finanziaria, il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha espresso alcune considerazioni in merito all'invalidità civile e all'ingente costo che da essa deriverebbe a danno della crescita economica italiana. Purtroppo, durante la Conferenza Stampa, il Ministro ha esternato commenti non esatti in merito all'invalidità civile e, in certi casi, realmente offensivi nei riguardi delle persone con disabilità. Riportiamo le frasi enunciate e, per ciascuna, un'analisi.

Gli stralci del testo della Conferenza Stampa in cui il Ministro ha parlato dell'invalidità civile sono tratti da Superando.it.


Ministro: «Sulle Regioni la riduzione è abbastanza consistente. Ma non insostenibile. Si parla di 4, 4,5 miliardi. Beh, lì cosa c'è dietro? Uno dei fenomeni che vi fanno capire perché questo continente e il nostro Paese deve cambiare: le pensioni di invalidità. Questo è un Paese che ha 2 milioni e 7 di invalidi. Su 60 milioni di abitanti, escludendo i giovani e le persone che per definizione non sono così invalidi (salvo incidenti). 2,7 milioni di invalidi pone la questione se un Paese così può essere ancora competitivo».

Commento: La prima considerazione è di carattere prettamente tecnico: le persone con disabilità cui è stata riconosciuta l'«invalidità civile» non sono i 2,7 milioni di cui fa riferimento il Ministro. Il dato, erroneamente, è stato tratto dal numero delle prestazioni economiche derivanti dall'accertamento dell'invalidità civile concesse nel 2009: assegno mensile di assistenza (256,67 euro mensili), pensione di inabilità (256,67 euro mensili), indennità di accompagnamento (480,47 euro mensili). Nel 2009, infatti, le prestazioni erogate sono state 2.637.394 (Fonte INPS).

Tuttavia, la cifra non corrisponde al numero di persone riconosciute «invalide civili», dal momento che una stessa persona può avere - come previsto dalla normativa in vigore - anche più di una provvidenza economica, qualora ne abbia i requisiti (ad esempio, una pensione di inabilità più un'indennità di accompagnamento). Senza contare, poi, le persone riconosciute «invalide civili», ma che non percepiscono alcuna provvidenza economica.

La seconda considerazione è di carattere politico: dichiarare che esiste una correlazione tra il numero di pensioni di invalidità e la bassa competitività di un paese è - come afferma il comunicato della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) - un «grave stigma». La frase, infatti, continua la FISH, «rappresenta uno dei più rilevanti danni alle persone con disabilità. L'invalido sarebbe un "parassita" che blocca la competitività. L'"untore" che causa i danni al Paese con le spese che comporta. Un'affermazione "razzista" che non può che moltiplicarsi, enfatizzata da certa stampa, presso l'opinione pubblica. La persona con disabilità, dunque, già esclusa dal contesto in cui vive, è anche additata come la "causa delle disgrazie della collettività"».

Da parte di un Ministro della Repubblica facente parte del Governo che ha ratificato la Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità il 3 marzo 2009 (con Legge n. 18), ci si sarebbe aspettato ben altro ragionamento: un'attenzione maggiore allo Stato Sociale (come previsto dall'articolo 38 della Costituzione), alle necessità delle persone con disabilità e alle loro famiglie. Infatti, come afferma Luisella Bosisio Fazzi - presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) - «chi vive una condizione di dipendenza non produce reddito e allo stesso tempo distrugge reddito. Esaurisce il reddito della famiglia che lo accoglie (magari fin dalla nascita) oppure consuma ed erode il reddito proprio dal momento in cui si presenta la disabilità e la dipendenza nelle cure e nell'assistenza».

Infine, la domanda che il Ministro si pone circa la competitività del paese potrebbe girarla - come suggerisce il comunicato della FISH - al suo collega tedesco, il Ministro Federale delle Finanze Wolfgang Schäuble, in carrozzina dal 1990.


Ministro: «L'altra cosa impressionante: non è che abbiamo 2,7 milioni di invalidi, ma che il costo delle pensioni di invalidità è salito a 16 miliardi. Un punto di PIL ogni anno vanno agli invalidi...».

Commento: Per una prima considerazione, utilizzeremo i dati che il Ministero dell'Economia ha pubblicato nella Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese - 2009. Nella Relazione, le diverse voci di spesa sono rapportate al Prodotto Interno Lordo (PIL), cioè la ricchezza prodotta da una nazione in un dato periodo.

Secondo la Relazione, emerge che in Italia il costo per l'invalidità (comprese le pensioni di reversibilità) incide per l'1,5% del PIL. Facendo un raffronto con altri paesi, si scopre che: in Germania si spende il 2%, in Francia l'1,8%, in Portogallo il 2,3%, in Polonia l'1,7%, nel Regno Unito il 2,4%. Spendono meno dell'Italia: la Grecia, la Bulgaria, l'Estonia e la Romania [Fonte: «Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese - 2009» - Volume I, pp. 72-73].

Dalla Relazione, emerge anche che in Italia l'evasione fiscale incide per ben il 22% del PIL.

L'altra considerazione è di carattere economico-sociale. Secondo i dati che l'INPS ha messo a disposizione per Il Sole 24 Ore, l'incremento complessivo del periodo 2002-2009 si divide tra 484 milioni di euro per le pensioni d'invalidità e 4.605 milioni di euro per l'indennità di accompagnamento. Quindi, è quest'ultima che ha provocato una crescita esponenziale (circa il 47%, ossia 5 miliardi di euro) del costo dell'invalidità civile.

La domanda che bisognerebbe porsi è: perché è aumentata così tanto la spesa per l'indennità di accompagnamento? Cristiano Gori, de Il Sole 24 Ore, ci fornisce tre convincenti spiegazioni:

  • L'indennità di accompagnamento è l'unica provvidenza economica a sostegno dei costi economici della non autosufficienza per le persone anziane. L'invecchiamento della popolazione porta con sé un ampliamento dell'utenza: in Italia, infatti, tra il 2002 e il 2009, le persone con 75 anni e più sono aumentate del 23%.
  • Nell'ultimo decennio sono aumentate le informazioni in merito a tale prestazione (relativamente ai requisiti per poterla richiedere) ed è aumentata la consapevolezza dei propri diritti da parte delle persone anziane e delle loro famiglie.
  • L'accertamento dei requisiti per ricevere l'indennità di accompagnamento è basato su criteri generici e non standardizzati: «impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, [necessità] di una assistenza continua» (Legge n. 18 dell'11 febbraio 1980). La Commissione Medica della ASL che deve decidere in merito alla presenza o meno dei requisiti per erogare tale prestazione, non possiede alcuno strumento tecnico di valutazione (con valenza nazionale ed uniforme nel territorio), né può avvalersi di una soglia precisa di presenza/assenza del bisogno.


Ministro: «E questo è stato un effetto negativo del federalismo fiscale inventato dalla Sinistra col Titolo V».

Commento: Il Ministro fa riferimento alla modifica del Titolo V della Costituzione (avvenuta con Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001) in merito alla distribuzione delle sfere di competenza tra Stato, Regioni ed Enti locali.

Tuttavia, relativamente all'accertamento dell'invalidità civile e all'erogazione delle provvidenze economiche, la riforma del Titolo V non c'entra per nulla. Infatti, la suddivisione delle competenze in materia di invalidità civile risale al Decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998. Il Decreto ha attribuito alle Regioni - sottraendola al Ministero dell'Interno - la funzione concessoria, che prevede l'apertura di un'istruttoria per verificare la presenza dei requisiti necessari alla "concessione" della provvidenza economica (reddito personale dell'interessato, ricovero in strutture, ecc.). Il Decreto, inoltre, ha attribuito all'INPS la funzione di erogazione. Su questo punto torneremo in merito all'ultima osservazione del Ministro.


Ministro: «Cosa è stato? Che le tabelle di invalidità sono state rese più generose, e quindi era invalido non solo uno che aveva una vera invalidità, ma anche delle malattie, dei difetti magari non invalidanti davvero».

Commento: Il tabellario di invalidità cui fa riferimento il Ministro è quello emanato con il Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992, «Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti». Il Decreto Ministeriale è vigente da 18 anni e non ha mai subìto alcuna modifica legislativa.

Secondo il tabellario, ogni menomazione è collegata ad una percentuale (in misura fissa o all'interno di un range). La Commissione Medica della ASL adopera tale tabellario per indicare, mediante una percentuale, la riduzione della «capacità lavorativa generica» nella persona con disabilità sottoposta a visita.

L'attuale Governo, con Legge n. 102 del 3 settembre 2009 (il decreto anti-crisi dell'estate scorsa), ha previsto, all'articolo 20, alcune modifiche per la procedura di richiesta e di accertamento dell'invalidità civile a partire dal 1° gennaio 2010, ma che per nulla incidono nella modalità di calcolo della percentuale. In particolare, al comma 1, è prevista l'introduzione del medico dell'INPS nella Commissione Medica della ASL (evitando l'ulteriore passaggio alla Commissione dell'INPS per la verifica del verbale). Al comma 6, invece, viene prevista «una Commissione con il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell'invalidità civile». Ma finché la Commissione non avrà elaborato una nuova tabella, rimarranno in vigore le regole del 1992.


Ministro: «Chessò: il fischio all'orecchio è una causa di invalidità; è molto fastidioso, ma che debba essere causa di pensione di invalidità come se fossi davvero invalido magari è troppo».

Commento: La menomazione più assimilabile al "fischio all'orecchio" cui fa riferimento il Ministro è quella data da «acufeni permanenti o subcontinui di forte intensità e insorti da più di tre anni», che è una menomazione ricompresa nel Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992 (Parte Terza, «Apparato uditivo», codice 4001).

Tuttavia, per tale menomazione, è prevista una percentuale fissa di invalidità pari al 2%, quando il minimo per essere riconosciuti «invalidi civili» è il 33%. Inoltre, la percentuale minima per avere diritto all'assegno mensile di assistenza (provvidenza economica per invalidità parziale) è il 74%.

Quindi, non solo con il "fischio all'orecchio" non si ha diritto ad alcuna provvidenza economica, ma neanche ad essere annoverati tra i cittadini riconosciuti «invalidi civili».


Ministro: «Poi c'è una differenza incredibile da Regione a Regione. Ci sono Regioni, chessò [come] l'Umbria che ha 8,5 di invalidi in percentuale; le Marche, la Toscana dice la sua».

Commento: Visto che il Ministro ha nominato la nostra regione, rispondiamo che il Ministero dell'Economia (il suo, cioè), nel 2009, non ha calcolato l'8,5% di cittadini umbri riconosciuti «invalidi civili» (come affermato), bensì il 6,52% [Fonte: «Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese - 2009», volume II, p. 276].

Vorremmo ricordare, però, che l'Umbria è anche una delle regioni con il più alto numero di persone ultra-sessantacinquenni: sono, infatti, circa 192 mila. In percentuale, il numero più elevato, insieme alle Marche, a livello nazionale. Aumentano, quindi, anche le motivazioni legate ad una forma più o meno marcata di non autosufficienza e, quindi, anche le richieste di indennità di accompagnamento (si legga, a questo proposito, la correlazione tra l'anzianità e richiesta di indennità di accompagnamento secondo l'opinione di Gori de Il Sole 24 Ore, di cui sopra).


Ministro: «Non è un fatto Nord-Sud o Destra-Sinistra. La Sicilia è più bassa di altre Regioni. E comunque c'è dietro una realtà che è degenerata negli ultimi anni, perché siamo passati da una spesa di 6 miliardi nel 2001-2002 a 16 miliardi. C'è dietro qualcosa di insostenibile. Cosa può fare il Governo col suo decreto? Non può, deve fare una nuova procedura rigorosa di controlli da qui in avanti. Sanzioni vere, tabelle che tornano ad essere serie e non da non essere convincenti, controlli su chi ha avuto le pensioni per vedere se è iscritto a circoli sportivi, se guida la macchina (e la casistica è impressionante di recuperi). Ma non basta, perché su chi ha preso la pensione di invalidità, pur sulla grande generosità delle nostre Regioni, e sulla generosità delle tabelle, tuttavia non gli puoi chiedere indietro i soldi».

Commento: In merito al primo concetto, abbiamo già spiegato le ragioni dell'incremento della spesa con l'aumento delle persone ultra-sessantacinquenni. Detto ciò, in ogni caso, è giusto che il Governo provveda a dei controlli. Ma di che tipo? Analizziamo quelli proposti.

«Nuova procedura rigorosa di controlli»
Fin dall'istituzione dell'accertamento dell'invalidità civile nel 1971, è stato previsto un doppio controllo sulle modalità di accertamento prima dell'emissione del verbale: dapprima, avviene la visita di accertamento dell'invalidità civile presso la Commissione Medica della ASL; successivamente, avviene il controllo della Commissione Medica di Verifica sugli atti. Se quest'ultima Commissione ha dei dubbi in merito all'idoneità dell'accertamento, ha facoltà di sospendere il verbale e di convocare a visita la persona per ulteriori verifiche.

Oltre al sistema ordinario, poi, ci sono comunque controlli a campione. È il metodo che ha utilizzato lo Stato italiano da più di venticinque anni (risale al 1983 la prima manovra contenitiva sulla pesa per le pensioni legate all'invalidità civile e all'indennità di accompagnamento).

Infine, oltre a questi, nell'ultimo decennio, sono stati predisposti piani straordinari di verifica. L'ultima ondata di controlli straordinari effettuata dall'INPS (200 mila nel 2009) su mandato del Legislatore, ha portato alla revoca o al ridimensionamento di 18.840 prestazioni assistenziali. Questo, tuttavia, non è affatto un dato definitivo: le persone interessate da quei provvedimenti, infatti, hanno l'opportunità di presentare ricorso, con l'assistenza di un legale, davanti al Giudice.

Carlo Giacobini, direttore del Sito Handylex.org e della rivista HandylexPress, sostiene, dalle colonne del Corriere della Sera, che moltissime persone faranno ricorso «[…] con il supporto dei patronati di assistenza, andandosi ad aggiungere alle altre 400mila cause pendenti in materia di invalidità civile. 400 mila cause, ad un costo medio di 7.000 euro, comporta un giro di affari di 2 miliardi e 800 milioni di euro. Vale la pena di imporsi qualche riflessione: vi sono interessi che incidono sulle riforme del sistema? Ma tornando ai ricorsi, nei casi, non infrequenti, che lo Stato soccomba in giudizio, le provvidenze vanno ripristinate (con gli arretrati e i costi di giudizio) […]».

Facciamo notare, infine, che l'accertamento dell'invalidità civile è l'unico caso, in ambito amministrativo, in cui la Pubblica Amministrazione controlla se stessa, prevedendo sia un doppio accertamento preventivo (prima della ASL e, poi, dell'INPS), sia controlli - a campione e straordinari - sui propri stessi atti. Con i costi che ne conseguono.

«Sanzioni vere»
Verso chi? Le persone che hanno un accertamento di invalidità civile irregolare vengono punite con la restituzione della cifra indebitamente percepita. Se perdono l'eventuale ricorso, pagano anche le spese processuali.

Ricordiamo, però, che l'invalidità civile non è un'autocertificazione, bensì un atto di accertamento da parte di una Commissione Medica della ASL.

Come afferma il Comunicato della FISH: «[…] tanto sono timide e prudenti le misure contro i ladri evasori fiscali, quanto sono decise e indiscutibili quelle contro gli invalidi […]».

«Tabelle che tornano ad essere serie»
In merito a questo punto, abbiamo già detto che il tabellario risale al 1992 e che da allora non è stato più oggetto di modifiche. Abbiamo anche detto che l'attuale Governo ha già previsto un aggiornamento del tabellario (articolo 20, comma 6, Legge 102/2009). La riforma di un sistema così complesso, tuttavia, non può essere fatta in tempi celeri e, quindi, è un'operazione che esula dalla manovra economica.

«Controlli su chi […] è iscritto a circoli sportivi, se guida la macchina»
Questa affermazione, per la gravità delle possibili ripercussioni che lascia intendere, è altamente preoccupante. Non avendo elementi per poter comprendere cosa abbia voluto realmente intendere il Ministro, lasciamo al lettore ogni ulteriore commento.


Ministro: «Non puoi andare da uno che ha avuto la pensione vera su una malattia non invalidante - ma la pensione vera […] c'è - non puoi negargli un diritto che ha acquisito. La scelta che abbiamo fatto è chiedere alle Regioni un sacrificio anche in conto pensioni di invalidità. Per il Titolo V della Costituzione le pensioni di invalidità sono materia delle Regioni. Allora invece di chiedere indietro i soldi alle famiglie che hanno preso - magari generosamente - delle pensioni, chiediamo alle Regioni di accollarsi una quota di sacrificio per questo. Tutti devono concorrere. Le Regioni concorrono un pochino in più, perché c'è dietro questa causale».

Commento: Il Ministro, come ha detto poco prima, afferma nuovamente la teoria secondo cui l'impennata nella concessione delle provvidenze economiche alle persone riconosciute «invalidi civili» sia da ricondurre alla riforma del Titolo V della Costituzione.

Come da noi già detto, la riforma non c'entra affatto.

Anzi. L'attuale Governo, con la citata Legge n. 102/2009 (articolo 20, comma 4), ha demandato ad un «accordo quadro tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano» l'affidamento all'INPS della funzione concessoria (precedentemente affidata alle Regioni), ossia la decisione definitiva sulla sussistenza dei requisiti sanitari per erogare le prestazioni economiche.

Il 29 aprile 2010 la Conferenza Stato-Regioni affida formalmente all'INPS tale funzione.

Ironia della sorte, l'INPS notifica tale accordo con il Messaggio n. 14239, datato proprio il 26 maggio 2010 (giorno della Conferenza Stampa del Ministro Tremonti).

Riepilogando, dunque, il ruolo delle Regioni in materia di invalidità civile è stato marginale e, ora è praticamente nullo. Ripercorriamo le fasi principali:

  • I criteri di accertamento della presenza di menomazioni che danno diritto al riconoscimento dell'invalidità civile sono attualmente quelli fissati dalla normativa nazionale (Decreto Ministeriale 5 febbraio 1992). Non hanno subìto modifiche (anche se sono previste dal'articolo 20, comma 6, della Legge n. 102/2009). Le Regioni non hanno voce in capitolo.
  • Anche la composizione delle Commissioni Mediche della ASL deputate all'accertamento è stabilita da norme nazionali (l'articolo 20, comma 1, della Legge n. 102/2009 ha introdotto il medico dell'INPS nella composizione delle Commissioni Mediche della ASL). Le Regioni non hanno voce in capitolo.
  • I limiti reddituali per avere diritto alla prestazione economica vengono fissati annualmente dal Ministero dell'Economia e, poi, da una circolare dell'INPS. Le Regioni non hanno voce in capitolo.
  • Dal 2004, le verifiche preventive alle concessioni sui requisiti reddituali vengono svolte dall'INPS (prima di allora, le verifiche erano svolte dalle Commissioni del Ministero del Tesoro). L'articolo 20, comma 4, della Legge n. 102/2009 conferisce all'INPS anche la funzione concessoria. Le Regioni - che prima avevano quest'ultima funzione - ora non hanno più voce in capitolo.
  • Dal 2005, l'INPS è obbligatoriamente presente in tutte le cause relative all'invalidità civile (Legge n. 248 del 2 dicembre 2005, articolo 10). Le Regioni non hanno voce in capitolo.
  • I piani di verifica straordinaria, dal 1996 ad oggi, non sono mai stati affidati alle Regioni.
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