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La "verità" sulle modifiche alla Legge n. 104/1992

Pubblicato il 30/03/2010 - Letto 4360 volte
A seguito dell'approvazione definitiva del cosiddetto «Collegato Lavoro» (Atti del Senato 1167-B), che modifica l'articolo 33 della Legge n. 104/1992 (di cui abbiamo parlato nelle nostre news) è stato scritto e detto molto. Comprendendo la difficoltà del lettore a districarsi nel labirinto di notizie (alcune palesemente false), riportiamo un focus in merito a ciò che effettivamente è stato modificato con le relative conseguenze.

La Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, pur con gli evidenti e noti limiti strutturali, continua a rimanere un pilastro per l'accertamento delle condizioni di disabilità e per l'erogazione di prestazioni e servizi in favore delle persone con disabilità. Tra le parti che più interessano un'ampia platea di beneficiari (con o senza disabilità) vi rientra l'articolo 33, dedicato ai «permessi lavorativi».


Il testo originario dell'articolo 33 della Legge n. 104

L'articolo 33 - nella sua formulazione originaria - prevede:

  • la possibilità per i lavoratori con disabilità, in possesso del riconoscimento dello «stato di handicap in situazione di gravità» (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, Legge 104/1992), di avere due ore di permesso giornaliero, o tre giorni mensili.
  • la concessione di tre giorni di permesso ai lavoratori che assistono un familiare convivente (non ricoverato in istituto), parente o affine entro il terzo grado, con il riconoscimento dello «stato di handicap in situazione di gravità»;
  • il prolungamento dell'astensione facoltativa di maternità fino al terzo anno di vita del bambino;
  • l'opportunità per il lavoratore, parente o affine entro il terzo grado, del familiare in possesso del riconoscimento dello «stato di handicap in situazione di gravità» di richiedere l'assegnazione di una sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.


Le prime modifiche: Legge n. 53/2000

Nel 2000, a circa 8 anni dalla promulgazione della Legge n. 104, le ricadute organizzative, amministrative, retributive, previdenziali e pratiche di tale articolo, hanno portato l'allora Ministero per la Solidarietà Sociale a presentare un progetto di modifica. Con la Legge n. 53 dell'8 marzo 2000, sono state introdotte le seguenti variazioni:

  • concessione dei permessi lavorativi al lavoratore genitore della persona riconosciuta in «stato di handicap in situazione di gravità», anche nel caso in cui il coniuge fosse casalinga/o, disoccupata/o, lavoratrice/ore autonoma/o (nella formulazione originaria, il lavoratore, qualora avesse avuto un coniuge che non lavorava, non avrebbe potuto usufruire dei permessi, in quanto, si riteneva, che avrebbe potuto prestare assistenza il coniuge che non lavorava);
  • abrogazione del vincolo di convivenza fra il lavoratore e la persona con disabilità da assistere;
  • affermazione del principio di «assistenza continua ed esclusiva»: la ratio della norma riguarda il fatto che i permessi sono una misura a favore delle persone con disabilità, e non una forma di compensazione per il lavoratore; il limite della norma è che i concetti di continuità e esclusività, non essendo definiti con chiarezza, sono stati oggetto di varie interpretazioni dell'INPS e dell'INPDAP.


Le modifiche attuali

Al di là delle numerose precisazioni emanate con varie circolari, un nuovo processo di modifica all'articolo 33 della Legge n. 104 è avvenuto a partire dal 2008 su proposta del Ministero della Funzione Pubblica. Tale processo, travagliato e contestato, ha trovato conclusione nell'approvazione, il 3 marzo 2010, anche da parte del Senato della Repubblica della Proposta di Legge definita «Collegato Lavoro», perché "collegato" alla legge finanziaria per il 2010 (il testo è consultabile presso gli Atti del Senato 1167-B ed è in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Tale atto dovrebbe costituire la conclusione di questo lungo e travagliato percorso di ulteriore modifica.

Il «Collegato Lavoro» (lo definiamo così, in attesa della numerazione e denominazione ufficiale) prevede le seguenti variazioni:

  • restrizione della platea dei lavoratori beneficiari delle agevolazioni dell'articolo 33: potranno usufruire dei permessi, il genitore, il coniuge, il parente o l'affine entro il secondo grado (ad esempio: nonni, nipoti, fratelli); nella formulazione originaria si prevedevano parenti o affini entro il terzo grado (ad esempio: bisnonni, bisnipoti);

Eccezioni alla restrizione: la norma, tuttavia, prevede due eccezioni alla restrizione al solo secondo grado di affinità o parentela, estendendola nuovamente al terzo grado quando:
1) i genitori o il coniuge della persona con disabilità siano deceduti o «mancanti» (definizione ambigua che necessiterà di puntuali spiegazioni);
2) i genitori o il coniuge della persona con disabilità abbiano più di 65 anni, oppure siano affetti da «patologie invalidanti» (la normativa non dà ulteriori informazioni, quindi, è ipotizzabile che siano incluse le persone che hanno una percentuale di invalidità civile a partire dal 33% in poi).

  • abrogazione dei requisiti di «esclusività» e «continuità», nel caso in cui il lavoratore non sia convivente con la persona con disabilità; in altre parole, non sono più richieste: la convivenza, la continuità e l'esclusività dell'assistenza;
  • facoltà (obbligo) da parte del datore di lavoro o dell'Ente previdenziale in merito al controllo circa «l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti». I controlli che tali soggetti posso effettuare sono: 1) il ricovero o meno della persona con disabilità da assistere; 2) il requisito dello «stato di handicap in situazione di gravità» (articolo 3, comma 3, Legge n. 104); 3) la parentela, l'affinità o il coniugio del lavoratore con la persona da assistere; 4) l'assenza di altri lavoratori fruitori degli stessi permessi per la stessa persona.


Osservazioni

A conclusione di questa disamina del testo del «Collegato Lavoro», si può affermare che le modifiche all'articolo 33 della Legge n. 104/1992 si limitano a tre aspetti:

  • il restringimento della platea dei familiari e degli affini al secondo grado;
  • l'abrogazione dei requisiti di «continuità» ed «esclusività» dell'assistenza;
  • la possibilità di controlli da parte del datore di lavoro o dell'Ente previdenziale.

In merito al primo punto, è giusto osservare che la norma non è poi così restrittiva come è stato affermato da entrambi gli schieramenti politici (con valenza, evidentemente, opposta): in primo luogo, perché escludere i bisnonni e i bisnipoti (parenti e affini del terzo grado) non lede, di per sé, il diritto delle persone con disabilità a beneficiare dell'assistenza, tranne in casi particolari (e rari) che però sono tutelati dalle eccezioni previste.

Il secondo punto non solo non restringerà il numero di persone che potranno beneficiare dei permessi, ma comporterà che tutti i lavoratori, cui era stata negata la possibilità di beneficiare dei permessi per mancanza dei requisiti di «esclusività» e «continuità», potranno chiedere nuovamente i permessi e, questa volta, potranno vederseli riconosciuti.

Il terzo punto - presentato dai mass media come «il controllo anti-furbi» (forse perché concettualmente legato alla "battaglia" del Ministero della Funzione Pubblica contro i «fannulloni») - non introduce nulla di nuovo e, soprattutto, non tutela quelle persone con disabilità che hanno familiari che "furbescamente" perpetuano "appropriazioni indebite" dei permessi lavorativi. Infatti, i controlli suddetti sono solo formali, ossia si limitano ad accertare la presenza dei requisiti puramente formali della persona con disabilità per la quale il genitore o il familiare/affine richiede i permessi. Venendo meno, tra l'altro, i requisiti di «continuità» ed «esclusività», decade anche l'unico potere del datore di lavoro di verificare la necessità di assistenza (requisito sostanziale) che spinge il genitore o il familiare/affine a richiedere i permessi. Un'altra verifica che servirebbe da deterrente per i "furbi" è quella che riguarda la pluralità di permessi riconosciuti in capo allo stesso lavoratore per una pluralità di parenti o affini con disabilità da assistere. Anche in merito a questo controllo, tuttavia, nel testo del «Collegato al lavoro» non vi è traccia.

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