Entro due mesi anche in Umbria azioni concrete per la Vita Indipendente

a cura di Pierangelo Cenci

Si può senz'altro trarre un bilancio positivo dalle riunioni di inizio anno che hanno impegnato le associazioni di persone con disabilità con i vertici istituzionali della USL Umbria n. 2 (in particolare per Terni) e della Regione Umbria. Una chiara volontà a mettere in campo azioni concrete e a prevedere l'immediata attivazione di un percorso partecipato per avviare, in tempi serrati, le prime sperimentazioni che consentiranno alla nostra regione di dotarsi di una legge sulla Vita Indipendente è stata espressa, rispettivamente, dal direttore generale dell'Azienda Sanitaria n. 2 e dall'assessore regionale alla Sanità.

Le sempre più pressanti argomentazioni e sollecitazioni delle associazioni che promuovono e tutelano i diritti delle persone con disabilità in Umbria, aderenti a FISH Umbria ONLUS e FAND Umbria ONLUS, sembrerebbe che finalmente abbiano ottenuto le risposte da tempo attese.

Nel mese di febbraio, in occasione degli incontri ultimi incontri istituzionali sia con il direttore generale della USL Umbria n. 2, Imolo Fiaschini, sia con l'assessore regionale alla Sanità, Luca Barberini, sono arrivati segnali concreti per poter ritenere che ci siano le volontà e le premesse per vedere nel sistema di welfare umbro, già a partire dai prossimi due mesi, l'introduzione di innovazioni necessarie a garantire diritti fondamentali ancora oggi non concretamente esigibili, come quello alla Vita Indipendente.


L'incontro alla USL Umbria 2 con il direttore generale Imolo Fiaschini

Quella organizzata dal direttore Fiaschini, tenutasi Mercoledì 1° febbraio, è stata la prosecuzione della precedente riunione con le associazioni (25 gennaio scorso) e di cui abbiamo dato conto in questo articolo. Se la riunione di fine gennaio aveva come focus specifico le questioni legate alla presa in carico di bambini e bambine con disabilità, quella del 1° febbraio ha puntualizzato una serie di punti specifici che riguardano le persone adulte con disabilità.

I temi - come avevamo anticipato - hanno riguardato principalmente l'approccio e le soluzioni da adottare a livello organizzativo e di funzionamento dei servizi per consentire il superamento delle criticità che oggi impediscono di garantire un approccio globale della presa in carico e soprattutto impediscono l'attivazione appropriata e partecipata di interventi e prestazioni sulla base di un Progetto Individuale.

Rispetto al funzionamento delle strutture residenziali e semi-residenziali (con riguardo specifico al "Durante Noi - La Farfalla" e ai Centri Diurni), inoltre, le associazioni hanno sollecitato un proprio coinvolgimento attivo nelle attività di verifica e valutazione delle attività e hanno proposto al direttore Fiaschini un percorso condiviso di definizione di «indicatori» che, in aggiunta al rispetto dei parametri previsti dalle norme regionali, consentano di effettuare rilevazioni e indagini ad hoc e avviare politiche e interventi specifici per scongiurare eventuali limitazioni dei diritti fondamentali o forme di discriminazione.

Quello richiesto dalle associazioni rientra in un progetto di ampio respiro che viene portato avanti a livello nazionale dalla Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH). Il progetto si chiama "Superare le resistenze" e coinvolgerà diverse regione (anche in Umbria è previsto un focus group il prossimo 16 febbraio) e ha l'obiettivo di animare un confronto che coinvolga le diverse realtà regionali per arrivare a definire quando una struttura residenziale o semi-residenziale per persone con disabilità possa essere definita segregante e quindi destinata alla chiusura o, quanto meno, non meritevole di sostegno pubblico. Per fare un esempio: se è chiaro che una struttura residenziale o semi-residenziale sopra certe dimensioni non può offrire garanzie circa il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità che ne sono ospiti, non si può escludere, tuttavia, che persone con disabilità possano essere vittime di discriminazioni anche all'interno di strutture di ridotte dimensioni.

Il concetto di qualità, nell'ambito dei servizi socio-sanitari e/o socio assistenziali rivolti alle persone, si sta evolvendo in modo significativo: non dipende più, infatti, solo dalla qualità delle prestazioni del personale (destinate peraltro a moltiplicarsi rispetto all'attuale proliferare dei bisogni individuali delle persone/utenti), ma dipende anche - e soprattutto - dalla qualità organizzativa, cioè dalla capacità di una struttura di convogliare le attività di ogni lavoratore e lavoratrice e di ciascun ruolo da essi assunto all'interno dell'organizzazione in modo coerente, con un progetto organico e con la consapevolezza che solo un'azione coerente e finalizzata può produrre risultati soddisfacenti.

Gli enti accreditati con il servizio pubblico che gestiscono le strutture residenziali e semi-residenziali posseggono una certificazione rilasciata sotto accreditamento ai sensi del sistema di qualità internazionale denominato "ISO" (International Organization for Standardization) e in particolare ISO 9001. Ma questo non basta a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone con disabilità.

Infatti, come riconosce anche l'"Accredia" (l'Ente Italiano di Accreditamento): «è fondamentale riconoscere che la norma ISO 9001 definisce i requisiti del sistema di gestione della qualità di un'organizzazione, e non i suoi prodotti. La certificazione accreditata secondo la norma ISO 9001 dovrebbe fornire fiducia nella capacità dell'organizzazione di "offrire in modo coerente prodotti che soddisfano il cliente e sono conformi ai requisiti statutari e regolamentari applicabili". La norma ISO 9001 non garantisce necessariamente la conformità del prodotto al 100%, anche se questo resta l'obiettivo permanente».

Nel nostro paese, un fondamentale passo in avanti nel campo della certificazione di qualità è rappresentato dalla recente approvazione, da parte dell'Ente Italiano di Normazione (UNI), della "Norma UNI 11010" relativa ai requisiti di servizio dei servizi socio sanitari e sociali, dei servizi per l'abitare e dei servizi per l'inclusione sociale delle persone con disabilità.

La "Norma UNI 11010" rappresenta un "modello di cura" per le realtà che erogano servizi socio-sanitarie e/o socio assistenziali in regime residenziale, basato sulla centralità della persona/utente e con un approccio per processi, secondo una prospettiva di valutazione multi-dimensionale e secondo una logica di lavoro non più per compiti, ma per progetti e per obiettivi orientati ai risultati. La "Norma UNI 11010", assumendo fra i princìpi ispiratori la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, è richiamata anche nella Linea di intervento n. 2 "Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società" del secondo "Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità" [link a sito esterno].

Le associazioni convocate dal direttore Fiaschini, in virtù di quanto detto sopra, quindi, hanno chiesto di assumere a riferimento per le future convenzioni la "Norma UNI 11010", escludendo, conseguentemente, qualsivoglia possibilità di finanziamento diretto o indiretto a strutture potenzialmente segreganti.

Al di là di questi aspetti tecnici, tuttavia, è opportuno sottolineare positivamente l'assoluta condivisione di questo approccio da parte del direttore generale Fiaschini.


L'incontro in Regione con l'assessore Luca Barberini

Come abbiamo detto all'inizio di questo articolo, anche dal fronte regionale le notizie sembrano positive e fanno auspicare un deciso passo in avanti in direzione del diritto alla Vita Indipendente delle persone con disabilità.

All'incontro di Giovedì 2 febbraio a Perugia (in cui erano presenti i delegati e le delegate delle due federazioni FISH Umbria ONLUS e FAND Umbria ONLUS), l'assessore regionale alla sanità Luca Barberini si è impegnato ad avviare da subito un percorso partecipato per la stesura e l'approvazione, entro i prossimi due mesi, delle Linee guida sulla Vita Indipendente e del regolamento attuativo per il "Dopo di noi".

L'obiettivo immediato sarà quello di avviare, quanto prima, le sperimentazioni dei progetti personalizzati ai quali sono destinate le seguenti risorse: 1 milione di euro provenienti dai Bandi già finanziati dal Ministero per la Vita Indipendente, cui si aggiungono circa 2.300.000 euro del Fondo Sociale Europeo e 1.350.000 euro previsti nel recente decreto che finanzia il primo anno della Legge n. 112 del 22 giugno 2016 (nota come norma sul "Dopo di Noi").

Ancora più importante è stato però l'impegno a stabilizzare quanto verrà realizzato attraverso questa prima fase di sperimentazione, avvalendosi delle esperienze già avviate a Terni e quelle che presto inizieranno nelle altre Zone sociali, attraverso una vera e propria legge regionale sulla Vita Indipendente.

Altro punto importante è stato l'aver tempestivamente corretto quello che è risultato essere un mero errore materiale presente nel testo del nuovo Piano Sociale Regionale di prossima approvazione (ma che avrebbe causato una grave discriminazione): in riferimento alla realizzazione di progetti personalizzati di Vita Indipendente, il precedente testo ammetteva le persone con disabilità con menomazioni alle funzioni motorie e sensoriali, mentre escludeva quelle con menomazioni alle funzioni psichiche e cognitive.

L'aspetto più significativo (e di cui l'assessore stesso si è reso conto) è certamente il numero crescente di Zone sociali della nostra regione che, dal 2013 ad oggi, si sono affacciate con vivo interesse alla tematica della Vita Indipendente: se poco più di tre anni fa l'unica Zona sociale a partecipare al primo bando ministeriale era quella facente capo a Terni, oggi, al quarto bando uscito lo scorso novembre, il totale delle Zone sociali che si sono già impegnate a presentare progetti per la Vita Indipendente sono ben sette su dodici. Zone sociali anche molto diverse tra loro: oltre a quelle i cui Comuni capofila già avevano dato prova dell'interesse al tema (Terni, Perugia, Assisi e Marsciano), si sono aggiunti anche i Comuni di Città di Castello, Panicale e Narni.


Data: 8/02/2017
Sezione: News » Archivio per argomento » Politiche/Servizi socio-sanitari
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