Il 40% delle risorse per la non autosufficienza va ai "disabili gravissimi"

a cura di Pierangelo Cenci

La definizione di persona con disabilità "gravissima" rischia sempre di creare equivoci terminologici. Se per qualcuno è un aggettivo improprio per definire il concetto di disabilità (al più può designare la gravità clinica di una patologia), la normativa nazionale lo fa proprio e lo adopera per definire le caratteristiche di salute delle persone cui spettano risorse mirate e aggiuntive. È il caso del Decreto Interministeriale del 7 maggio 2014 e, ancora più specificatamente, dell'accordo Stato-Regioni del 5 agosto 2014, in cui si destina non meno del 40% delle risorse del Fondo per la Non Autosufficienza alle persone che rientrano nella categoria di "gravissime".

Le definizioni in merito alla disabilità possono dar vita a dibattiti interminabili: i sostenitori e i contrari di una certa definizione si schierano in fazioni così radicate che, alle volte, le posizioni diventano delle vere e proprie contese. La motivazione di questa radicalità, in realtà, non si limita ad una mera contesa semantica, ma trova il proprio fondamento sul fatto che, di norma, quando una definizione (buona, meno buona o pessima) entra nell'Ordinamento giuridico va a definire chi sono i titolari di certi diritti e chi, invece, ne rimane fuori.

È quello che è accaduto al concetto di "disabile gravissimo". Questa è una definizione molto in "voga" tra gli operatori e operatrici dei servizi socio-sanitari delle Aziende Sanitarie Locali e di quelli dei Comuni, ma anche tra gli stessi familiari delle persone con disabilità, nonché tra queste ultime. Ma, cosa più importante, anche in alcune normative e atti politici.

Prima di analizzare questi ultimi, è bene fare una premessa. Come afferma l'Organizzazione Mondiale della Sanità già da anni, la disabilità è l'interazione negativa tra persone con particolari condizioni di salute (condizionate da malattie, disturbi e menomazioni o altro) e fattori ambientali ostili. Questa interazione negativa comporta che la persona possa vedere ridursi le attività di vita quotidiana e la partecipazione ai contesti di vita.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, che conferma la definizione di cui sopra, aggiunge un ulteriore tassello a questa definizione, spiegando che, se la disabilità è data da questa interazione negativa tra le caratteristiche della persona e l'ambiente in cui vive, tutto ciò (persone o cose) che, volontariamente o involontariamente, creano tali ostilità e/o che non provvedono alla loro rimozione, operano una discriminazione delle persone stesse, facendo vivere loro una condizione di disabilità.

Se tutto ciò è vero, il concetto di "gravità" (minore o maggiore) abbinato a quello di disabilità necessita, quantomeno, di una specificazione: se intendiamo "grave" la discriminazione vissuta dalla persona con disabilità, possiamo anche accettare che tale aggettivo accompagni il concetto di disabilità; ma se invece - come accade il più delle volte - si parla di disabilità per indicare non già l'interazione persona-ambiente, quanto invece la gravità clinica della malattia, menomazione o disturbo della persona, l'accostamento di termine "gravissimo" alla parola disabilità risulta improprio.

Lo scopo di questa riflessione, tuttavia, non è quella di entrare nella querelle sull'appropriatezza del concetto di "gravità" (per chi è interessato, si consiglia di leggere gli articoli [link a sito esterno] pubblicati su Superando.it ). Il punto, invece, è che il concetto di "disabili gravissimi" è una definizione che è entrata nel nostro Ordinamento quale criterio con cui vengono destinate maggiori risorse a coloro che, in tale definizione, vi rientrano.

La normativa italiana, come è noto, non sempre si adegua alle definizioni adoperate a livello internazionale. D'altronde, nel nostro ordinamento, "convivono" normative che parlano di "persone con disabilità" (Legge n. 18 del 3 marzo 2009), con quelle che parlano di "persona handicappata" (Legge n. 104 del 5 febbraio 1992) o di "cittadino invalido civile" (Legge n. 118 del 30 marzo 1971). È opportuno, quindi, conoscere in quali ambiti di intervento viene adoperata tale definizione, per comprenderne gli effetti concreti.

Partiamo dall'origine. La Legge di Stabilità del 2014 (Legge n. 147 del 27 dicembre 2013 [link a sito esterno]) - dopo aver autorizzato la spesa di 275 milioni di Euro per l'anno 2014 per gli interventi di pertinenza del Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza e per quelli a sostegno delle persone con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) - prevede un incremento «[…] di 75 milioni di Euro per l'anno 2014, da destinare esclusivamente, in aggiunta alle risorse ordinariamente previste dal predetto Fondo come incrementato […], in favore degli interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime, ivi incluse quelle affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica» (articolo 1, comma 200).

A livello normativo, quindi, si erogano dei fondi per favorire interventi a favore di persone con disabilità definite "gravi" e "gravissime", senza specificare le caratteristiche di salute che queste persone dovrebbero presentare.

Il 7 maggio di quest'anno, poi, nel Decreto interministeriale (Ministeri del Lavoro e delle politiche sociali, della Salute e dell'Economia e delle finanze) che ha ripartito le risorse destinate al Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza, viene fornita la definizione di "disabilità gravissima":

«[…] Per persone in condizione di disabilità gravissima, ai soli fini del presente decreto, si intendono le persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continua nelle 24 ore (es.: gravi patologie cronico degenerative non reversibili, ivi inclusa la Sclerosi Laterale Amiotrofica, gravissime disabilità psichiche multi patologiche, gravi cerebro lesioni, stati vegetativi, etc.)» (articolo 3, comma 1).

Lo scorso agosto, però, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano le Autonomie locali e il Governo, durante la Conferenza unificata Stato-Regioni, hanno ritenuto opportuno specificare ulteriormente la definizione di "disabilità gravissima" (adottata - come abbiamo scritto - dall'articolo 3, comma 1, del Decreto Interministeriale del 7 maggio 2014), al fine di poter dare atto a quanto previsto sia nella Legge di Stabilità 2014, che nel Decreto Interministeriale.

In particolare, nell'articolo 1 dell'Accordo, le parti convengono che le persone con disabilità "gravissima" sono coloro «[…] in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continuativa e monitoraggio di carattere sociosanitario nelle 24 ore, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psico-fisiche, con la compromissione delle funzioni respiratorie, nutrizionali, dello stato di coscienza, privi di autonomia motoria e/o comunque bisognosi di assistenza vigile da parte di terza persona per garantirne l'integrità psico-fisica».

A questa precisazione, poi, segue l'impegno da parte delle Regioni ad utilizzare una quota non inferiore al 40% delle risorse economiche complessivamente determinate dalla Legge di Stabilità 2014, esclusivamente per gli interventi di assistenza domiciliare diretta ed indiretta e con divieto ad utilizzi diversi, in favore delle persone definite "gravissime" ai sensi di quanto detto sopra.


Data: 26/09/2014
Sezione: Focus » Archivio per argomento » Accessibilità e mobilità
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