«Disabili, come sprecare risorse negando il diritto alla "Vita Indipendente"». Finalmente!

a cura di Pierangelo Cenci

Franz Baraggino e Thomas Mackinson de "Il Fatto Quotidiano" hanno pubblicato un'inchiesta che denuncia come i comuni sistematicamente ostacolino la formulazione di progetti per la vita indipendente per le persone con disabilità, con un inutile aggravio di costi per lo Stato. Gli autori "indagano" sul mondo dell'assistenza indiretta fornendo cifre, intervistando persone che sono riuscite o meno ad ottenere questa modalità di assistenza e chiedendo loro quali ostacoli hanno incontrato. Nell'inchiesta vengono intervistati anche alcuni politici, le cui risposte risultano perlomeno "imbarazzanti" in uno Stato di diritto.

È raro, ma alle volte capita che un quotidiano riesca a produrre una significativa inchiesta nel mondo della disabilità ed in particolare sul tema della vita indipendente e dell'assistenza domiciliare indiretta utilizzando, per di più, un approccio ed un linguaggio corretto. E quando capita, non si può che esprimere una forte soddisfazione.

Due giornalisti de Il Fatto Quotidiano - Franz Baraggino e Thomas Mackinson -, tra agosto e settembre, hanno realizzato una bella inchiesta sui progetti per la vita indipendente per le persone con disabilità, mostrando come molti comuni e regioni, sistematicamente, neghino alle persone sia la formulazione e il finanziamento del progetto stesso, sia un'informazione corretta sulle possibilità che un'assistenza indiretta potrebbe comportare, migliorando la qualità della vita e riducendo i costi. Al contrario, questa "omertà" provoca un inutile aggravio per le tasche dello Stato, molti guadagni per pochi portatori di interessi e scarsa libertà per molte persone con disabilità titolari di diritti.

L'inchiesta - che comprende un video e un articolo (leggi in PDF) - è strutturata secondo una logica che rispecchia perfettamente lo "stile" che sta a cuore alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap): far parlare, in primo luogo, le persone con disabilità; far raccontare loro cosa significa vita indipendente e perché è conveniente che vengano formulati dei progetti di assistenza indiretta.

Il video inizia con un primo dato: il costo per l'assistenza di una persona con disabilità in una struttura specifica (Residenza Assistenziale Sanitaria, Residenza Protetta, ecc.) si aggira intorno a 6.800 Euro, mentre la stessa persona, se si procede con un progetto per la vita indipendente (ossia con l'erogazione di assistenza che dovrà gestire autonomamente), richiede un'assistenza che costa introno ai 2.300 Euro. Non solo, ma anche rispetto ai costi di gestione dell'assistenza domiciliare indiretta, quella auto-gestita (o indiretta) potrebbe far risparmiare più del 50%.

Eppure, pur essendo previsti dalla Legge n. 162 del 21 maggio 1998 (leggi qui, link a sito esterno), i progetti per la vita indipendente non vengono finanziati, né tanto meno viene fornita una chiara informazione in merito. Ad oggi, se ne contano un migliaio scarsi. Per la cronaca, la Svezia ne finanzia 16.000.

Baraggino e Mackinson, quindi, chiedono spiegazioni al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero, la quale afferma che i fondi che sono stati tagliati dal precedente Governo Berlusconi non sarebbero stati tagliati dal Governo di cui lei fa parte. Il giornalista che la intervista le fa notare che il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza, ad esempio, è stato annullato completamente e, quindi, dire che non sarebbe stato ulteriormente tagliato appare ovvio. Il Ministro Fornero ribatte dimostrando, comunque, la necessità di razionalizzare la spesa per le politiche sociali e descrivendo le misure che il Governo Monti ha portato o sta portando avanti rispetto a questo tema: oltre alla Social Card (la carta acquisti), il Ministro cita un programma sperimentale per la non autosufficienza.

Ora non sappiamo a cosa alludesse il Ministro Fornero (probabilmente, dato che l'intervista è stata fatta tra agosto e settembre, possiamo pensare che si riferisse al Programma Nazionale per la Non Autosufficienza, previsto inizialmente dal testo del Decreto Balduzzi, poi eliminato in fase di approvazione parlamentare), tuttavia, il Sottosegretario alle Politiche sociali Cecilia Guerra smentisce qualsiasi sperimentazione in tal senso, affermando che i Fondi sono stati azzerati e le risorse sono scarse. Se mai ci sarà una sperimentazione sul tema, in ogni caso, non sarà certo a livello nazionale.

Il video-inchiesta prosegue alternando dati a storie di vita. C'è Leonardo (41 anni, di Segrate) che racconta la propria storia e di come sua madre sia stata costretta a lasciare il lavoro per assisterlo; Leonardo aspetta da quattordici anni un progetto di vita indipendente, ma il Comune di Segrate nega i fondi. Ma c'è anche Elisa (31 anni, di Carugate) che, al contrario, ha realizzato il proprio progetto di vita indipendente, solo dopo aver minacciato di incatenarsi davanti al Comune, ma è a tempo determinato (un solo anno, per ora).

Elisa racconta che il suo progetto richiede un contributo mensile di 1.156 Euro e garantisce ben otto ore di assistenza a giorno; se avesse continuato ad avere l'assistenza domiciliare diretta (quella cioè erogata e gestita dalla ASL), con la stessa cifra le avrebbero garantito al più un'ora e mezza di assistenza quotidiana.

Ecco: questa è la "spending review" sull'assistenza praticata dalle persone con disabilità, ma non sembra che il Governo Monti e tutti gli altri governi locali se ne siano accorti. Roberto Formigoni (all'epoca Presidente della Regione Lombardia), intervistato nel documentario, afferma che nel 2012 ha dovuto far ricorso a fondi propri della Regione per sostenere questi progetti, dal momento che, fino al 2010, la Lombardia riceveva circa 100 milioni di euro, mentre nel 2011 e 2012 non ha ricevuto più nulla.

I due giornalisti de Il Fatto Quotidiano, poi, fanno la domanda fondamentale: se c'è la legge (la n. 162/1998), ma non ci sono i soldi per applicare quanto questa prevede, i diritti che fine fanno?

Massimo Gioncada (avvocato ed esperto in materia) è chiaro sul punto: se è vero che non esiste il diritto ad un pagamento "a piè di lista" del proprio progetto di vita indipendente (perché bisogna salvaguardare anche il bilancio del Comune o della Regione in questione), rimane sempre valido il dovere della Pubblica Amministrazione di non rimanere inerte rispetto al trovare soluzioni per soddisfare il diritto della persona con disabilità che chiede il progetto; né, tanto meno, può pensare di adempiere con risposte palliative alla domanda, dal momento che un finanziamento "fittizio" (ossia inadeguato a soddisfare i bisogni della persona) è sospetto di celare un vizio amministrativo di "eccesso di potere".

Germano Tosi di Consequor di Torino ritiene che il problema sia, però, soprattutto, politico: sarebbe necessario gestire i bilanci in funzione dei bisogni e non fare il contrario. Comunque, riferisce anche dati incoraggianti: nella sua regione, il Piemonte, sono attivi circa 200 progetti di vita indipendente. Anche in altre le regioni o comuni si applicano i progetti di vita indipendente, ma si possono contare sulle dita di una mano: Friuli Venezia Giulia, Marche, Toscana, Comune di Firenze e Comune di Roma.

Infine, il video riporta la testimonianza di Claudio (41 anni, di Trecate) che racconta come avvenne la scelta dei genitori di mandarlo in una struttura: quando i genitori non riuscirono più ad accudirlo, la scelta, non essendoci altre alternative, venne da sé. Claudio racconta la vita all'interno delle strutture: a nemmeno 40 anni doveva andare a letto alle nove di sera. Questa assoluta mancanza di libertà lo ha portato a cercare tramite Internet qualcosa che gli premettesse di vivere: così trova il sito dell'ENIL Italia (European Network on Independent Living) e scopre che, come lui, anche tanti altri stanno chiedendo un progetto di vita indipendente (argomento che i servizi si erano ben guardati da riferirgli). E così comincia la sua "avventura".

Il video si conclude, così come si è aperto, con dei dati: se in una struttura che ospita circa 30 persone, c'è almeno un terzo degli ospiti che ha i requisiti per fare un progetto di vita indipendente, si può calcolare che, in Italia, ci sono circa un potenziale di un milione di persone che potrebbero fare un progetto per la vita indipendente a cui, invece, viene negato. Ma non solo, le mille persone che possiedono (o meglio che hanno conquistato) il proprio progetto, rischiano di perderlo se il Comune o la Regione non avrà la lungimiranza politica e la sensatezza economica di rifinanziarlo egli anni a venire.


Data: 28/11/2012
Sezione: Focus » Archivio per argomento » Servizi e politiche socio-sanitarie
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